Giorgio
Albertazzi. (14-25) (30/01/14)
Un grande attore
italiano. L'ho visto in una trasmissione televisiva qualche giorno
fa. Ha 92 anni. Usa il bastone per camminare. Ma è lucidissimo.
Capace di tenere la scena. Voce ferma. Ancora recitante in questi mesi. Con
intelligenza e abilità ha fatto una attualizzazione moderna dello "
Essere o non essere" dall'Amleto.
Un autentico
campione, fra i vecchi. Anzi fra tutti gli umani.
Accolto da un
lungo applauso, ha detto: "Siete la mia vita". Voleva
significare che gli applausi lo tenevano in vita. L'affetto del
pubblico lo tiene in vita.
Ma questa frase
è più profonda di quanto sembri.
Partecipare a
quella trasmissione era un pezzo di vita, per il vecchio novantenne.
Per gli ultra-vecchi ogni azione è vita, che assume un
significato particolare, dal momento che è così vicina alla morte.
La vicinanza
della morte fa risaltare ogni aspetto della persona che vive.
La vicinanza
alla morte esalta la vita.
Di più: quel
"siete la mia vita" significa "ho ancora un progetto",
voi date valore al mio progetto. Avere progetti, in tarda età, fa
vivere.
Albertazzi è
uno degli esempi di grandi vecchi di cui abbiamo bisogno.
Grandi vecchi
che ci indichino come si può vivere la vecchiaia.
(L’indice
per argomenti del 2013 si trova a pagina 442; quello del 2012 a
pagina 107)
(per
comunicazioni private: holgar.pd@gmail.com
)
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