Il vecchio solo. (168) (altri: 38, 52)
Vicino a casa, incontro spesso un
vecchio. Di prima fascia. Fa delle passeggiate, quando io esco coi
cani. Sempre lo stesso percorso. Lo stesso orario. Quello che faccio
anch'io. Siamo abitudinari. Tipico dei vecchi. Sembra che viva solo.
Nei modi di dire della mia città, vecchi così, li si chiama
vitasola.
Vecchiaia e
solitudine. Un luogo comune. Ambivalente. Da una parte, libertà.
Dall'altra, mancanza. Non di affetti. Di relazioni. Siamo animali
sociali. Se mancano relazioni, patiamo.
A meno che non ci sia un
forte dialogo interiore. O una forte spiritualità. Tipico, il
monaco. Ma sono rari. Più spesso, prevale la mancanza. Anche se è
stata una scelta. I contatti con gli altri sono rarefatti. Devi
bastare a te stesso. Devi dare significato alla tua vita. Se incontri
gli altri, se sei utile a qualcuno, è diverso.
Un tempo si dedicava
la vecchiaia a opere di carità. Tipo: soccorrere i bisognosi,
visitare i malati. Non si tratta di carità. Ma di necessità dello
spirito. Stare con gli altri e essere loro utili. Fa parte del nostro
essere umani. Confina col ruolo sociale.
I vecchi patiscono, quando
vanno in pensione. Il lavoro garantisce un ruolo sociale. Se non c'è
più, bisogna creare altre relazioni. Altra utilità sociale. Invece, in pensione,
patiamo perchè nessuno ci cerca. Nessuno usufruisce del nostro
sapere.
Dobbiamo essere noi
che creiamo nuove relazioni.
Anche con le opere
di carità. Magari aiutando
anziani di terza fascia.
Noi che, più dei giovani, possiamo capire
le necessità dei vecchi e i loro pensieri.
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