07 marzo 2013

Extracomunitari. (167)
Nella mia città ce ne sono tanti. Raggruppati, li trovo vicino alla stazione ferroviaria. C'è un pò di verde dove si siedono. Ieri sono passato e ho osservato. Ce n'erano cinque o sei. Anche alcune donne. Seduti per terra, infagottati in doppi cappotti. Mal messi. Le donne avevano un'età indefinibile. Gli uomini erano tutti coi capelli bianchi. 
Extracomunitari anziani.
Ho pensato alle loro difficoltà. Non solo in un paese straniero. Ostile o indifferente. Anche senza casa. O con dimora precaria. Senza lavoro, è evidente. In aggiunta, vecchi. Mi sono chiesto come dormivano e dove. Come mangiavano. Dove si lavavano. Si riscaldavano?
Magari non erano extracomunitari. Forse erano rom (comunitari, dunque).
Possibile che l'intervento dello stato, l'assistenza, la comprensione degli anziani, si fermi al problema della nazionalità? Un anziano è un anziano, con le sue difficoltà, fragilità, problemi. Non c'entra dove sia nato. Anzi, se è nato altrove, è in evidente maggiore difficoltà. Per lingua, documenti, lontananza di parenti.
Non riesco a non pensarci, a queste e altre situazioni.
Soprattutto se ci sono di mezzo degli anziani.

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